Da sempre in Italia, nell’ottica di una riforma dei campionati, si discute su quale sia il miglior modello da adottare per riformare il settore giovanile e l’ormai obsoleto campionato Primavera. LFScouting punta ad analizzare tutti i pro e i contro dei più efficienti modelli a livello Europeo. Ma forse ciò che è veramente necessario è una riforma culturale, non solo operativa.
Se in Italia si parla di crisi del calcio Italiano, tra le principali cause (e conseguenze) si annovera sempre lo scarso rendimento e la scarsa fiducia nei giovani.
E questa scarsa fiducia deriva, in parte, anche da un sistema, quello dei settori giovanili e dei vivai, che più volte si è pensato dover innovare. Come in ogni business, se i risultati non arrivano, è più difficile osare e rischiare nuove soluzioni, e si cerca (sbagliando) di essere il più conservativi possibile.
Avviene anche nel calcio. Difficilmente i giovani esordiscono in una squadra in crisi di risultati, o una squadra che lotta per la salvezza che ha obiettivi a medio termine.
Ci sta provando il Milan, cambiando la rotta e indicando una strada nata più per necessità che per virtù. Ma è questa solo una eccezione che conferma la regola. Una regola che ha come conseguenza la stessa causa, ossia il fatto che si dà poca fiducia ai giovani, e ciò fa sì che questi non diventano mai pronti per fare il grande salto, e che il loro processo di crescita venga ulteriormente ritardato.
Ecco perché, ormai da anni, uno dei primissimi punti dell’agenda della fatidica riforma del calcio italiano, ancora in auge, è la modifica del sistema e del settore giovanile. Il cambiamento strategico-strutturale, infatti, deve andare sempre di pari passo con quello culturale. Non si può modificare un’impostazione culturale che non dà fiducia ai giovani senza modificare anche la struttura e l’importanza che il sistema dà al settore giovanile e viceversa.
Ma come modificare? Squadre Riserve, seconde squadre, Primavera in B. Tante sono state le proposte e le opzioni citate. La maggior parte provenienti dalla “moda” di seguire e copiare (come al solito) i modelli inglese, o spagnolo, o tedesco. Non sapendo che in realtà i 3 modelli, riguardo la loro gestione dei settori giovanili, sono praticamente opposti. Eppure tutti e 3 efficienti.
Fatta questa doverosa parentesi, con l’obiettivo di dimostrare che il problema più che operativo è culturale, è evidente che, come citato prima, una riforma strutturale è necessaria, ma deve esserlo in maniera parallela, complementare e convergente a un cambiamento delle mappe cognitive.
Andando ad analizzare i campionati esteri, si possono annoverare i seguenti sistemi:
- IL CAMPIONATO RISERVE. Questo sistema è in vigore in Inghilterra. Esso si basa su un campionato esattamente parallelo alla Premier League, in termini di calendario, e quindi anche di Promozioni e retrocessioni. Era aperto a tutte le seconde linee, giocatori fuori rosa, e giovani tesserati ancora in cerca del loro primo grande contratto.
PRO: Il grande vantaggio consiste nel fare in modo che i calciatori si adattino allo “stile” dei grandi campionati, in termini di orari, stadi, ritmi della stagione. E soprattutto permetteva ai giovani di confrontarsi con giocatori di maggior esperienza, ai margini delle loro squadre.
CONTRO: Ovviamente, essendo il sistema delle promozioni e retrocessioni non vincolato ai risultati, questo riduce il prestigio del trofeo e quindi la competitività del torneo
- IL CAMPIONATO PRIMAVERA “INGLESE”. Dal 2003 il campionato riserve è stato trasformato nel vertice del calcio giovanile, con il nome di “Professional Development League”. Due campionati, Uno per la Fascia Under 21 uno per Under 18, 24 squadre, due livelli, con promozioni e retrocessioni indipendenti, e solo 3 fuoriquota.
PRO: Il nuovo sistema garantisce più competitività, considerato il maggior peso dei risultati nelle dinamiche di promozione retrocessione
CONTRO: Sotto certi aspetti, il sistema è molto simile al campionato Primavera Italiano, non garantendo pertanto la possibilità di crescere confrontandosi con calciatori di livello superiore. Eppure il numero di giovani esordienti in Premier League provenienti dal vivaio è ottimo, da un punto di vista sia qualitativo che quantitativo.
- LE SQUADRE B (IL SISTEMA TEDESCO). In Germania le seconde squadre esistono e possono partecipare al calcio professionistico, non potendo andare però oltre la terza divisione. Il motivo è ovviamente quello di evitare conflitti di interessi con le prime squadre. Tuttavia, esse appartengono a tutti gli effetti ai top clubs di Bundes. Dal punto di vista regolamentare, non esistono limiti di età e vi è la possibilità di passare dalla prima alla seconda squadra e viceversa anche al di fuori delle finestre di mercato.
PRO:
Ovviamente con un sistema del genere, il livello delle seconde squadre è molto più alto, dal momento che hanno la possibilità di confrontarsi in campionati “veri” come la terza divisione. E inoltre è presente anche l’incentivo al risultato, viste le possibilità di promozione e retrocessione.
CONTRO: Essendovi il limite della terza divisione, molte seconde squadre ai vertici della classifica sarebbero più demotivate in confronto a squadre che si giocherebbero la promozione. La terza divisione tedesca, inoltre (Bundesliga.3) non è per nulla favorevole all’ospitare le seconde squadre, dal momento che queste, essendo mine vaganti, rischierebbero di compromettere la veridicità del torneo. Oltre per il fatto che il club di Bundes.3 non gradiscano il dover affrontare questi “competitors” aggiuntivi. Senza considerare anche il problema dei conflitti di interesse. Dal momento che queste seconde squadre possono competere anche in coppa, in passato si sono verificate situazioni imbarazzanti, come sfide tra i due Bayern Monaco, o l’impresa dell’Herta Berlino II, arrivato in finale nel 93 con la prima squadra ferma agli ottavi. Per ultimo, la presenza di molti giocatori over 23 rischia comunque di lasciare poco spazio ai giovani
- LE SQUADRE B (IL SISTEMA SPAGNOLO). Quello delle squadre B spagnole è sicuramente il modello più rinomato, vista la popolarità del Real Madrid Castilla o del Barcelona B. Il sistema è molto simile a quello tedesco, con 3 variazioni
- la prima, è che i clubs possono arrivare anche in Seconda Divisione, a patto che siano una categoria al di sotto della squadra principale. In caso di Promozione in Liga, questa non potrebbe essere esercitata, e in caso di retrocessione della prima squadra, loro retrocederebbero in Seconda.
- La seconda novità riguarda la possibilità di iscrivere anche squadre C
- La terza consiste nella possibilità di trasferimenti che riguardano solo giocatori under 23.
PRO:
I vantaggi sono empirici. Basta considerare che molti calciatori di Real e Barca provengono dalle seconde squadre, e nel caso del Real non solo giocatori, giacchè Zidane è stato ex allenatore del Real Castilla. Anche i risultati sportivi sono evidenti: il Real Castilla annovera nel suo palmares un primo posto nella Liga Adelante (La Serie B spagnola), e una vittoria di Copa del Rej, che le ha permesso di partecipare alla successiva Coppa delle Coppe nel 1981.
CONTRO: E’ difficile trovare svantaggi in un sistema che garantisce competitività, competizione e equilibrio allo stesso tempo. Il tutto è inoltre agevolato da un Sistema Calcio, quello spagnolo, che tradizionalmente considera “la cantera” come una delle risorse principali di un club. Di conseguenza, per motivi culturali, anche le opposizioni descritte per il modello tedesco vengono meno.
E In Italia? Come detto prima, tante idee, nessuna che però riesce a mettere tutti d’accordo. Albertini e Marotta da tempo aleggiano per le seconde Squadre. La Serie B, ovviamente, è contraria. La Lega Pro, dopo un’iniziale opposizione, ora con il Presidente Gravina ha cambiato posizione. Potrebbe trarne vantaggi in termini di brand e prestigio. Ma il vero problema in Italia è proprio questo: ciascun club, federazione, lega ragiona per gli interessi propri. Se si entrasse nell’ottica di considerare il calcio come un sistema, dove, anziché lottare per spartirsi il pezzo più grande di torta, ciascuno mostrerebbe predisposizione a rinunciare e investire parte della propria fetta per il bene collettivo, la torta da spartire si ingrandirebbe, con il beneficio per tutti.
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