Gravina salito al comando della FIGC, deve dare una svolta
Giovani, Procuratori, Dirigenti, Stranieri : via alle riforme
Tanti problemi nel calcio italiano, scopriamo insieme le verità
Quella che in passato era una riflessione, oggi è diventata una certezza. Tutt’altro che piacevole. Purtroppo, infatti, sono sempre più di moda articoli e lamentele, da parte dei giovani dai 22 ai 25 anni, che parlano della loro voglia di smettere di giocare per colpa di tizio o per colpa di caio.
La maggior parte si scaglia contro i procuratori, una parte contro chi sceglie gli stranieri, un’altra alla mancanza di sponsor. Il restante dà la colpa alla regola degli Under dimenticando che proprio loro in passato hanno beneficiato degli stessi vantaggi.
Allora le colpe di chi sono realmente? Le colpe sono un pò di tutti ma andiamo con ordine.
CAPITOLO PROCURATORI
I procuratori non sono il male del calcio, o meglio, non sono i soli, diciamo che si dividono in categorie. Ci sono i super potenti che oramai decidono il mercato delle big gestendo i campioni, del resto si sà che nell’epoca 2.0 comanda oramai chi “ha in mano il calciatore”.Poi ci sono quelli che hanno degli assistiti tra serie A e B e vanno poi a caccia dei calciatori semi-sconosciuti e si presentano da loro solo quando annusano che c’è interesse intorno. Li convincono con cene, regalando scarpe e facendogli incontrare qualche calciatore della propria scuderia fino a quando non gli tritano il cervello e li convincono che senza di loro il salto di categoria non riusciranno mai a farlo.
Infine ci sono quelli che pur di partecipare ad incontri e avere rapporti nel calcio millantano amicizie e soprattutto regalano sogni ed illusioni ai giovani. Come? Promettendo provini e soprattutto proponendoli a club senza dare un giusto valore tecnico, ma solo perché rientrano all’interno di in parametri economici-gestionali convenienti a sè stessi.
CAPITOLO DIRIGENTI
Qui si aggancia e quindi subentra la categoria dirigenziale, delegittimata sempre di più dai presidenti, che ha il rapporto diretto con i procuratori e che deve costruire le squadre secondo un modello matematico-finanziario per rientrare nel budget prefissato a inizio anno e usufruire al tempo stesso delle agevolazioni e contribuzioni a seconda del minutaggio e dell’età di ciascun giocatore. Ecco questo è il vero male: dare un OBBLIGO di giocare.
PRESIDENTE GRAVINA, raccolga l’assist che le hanno regalato i suoi predecessori, per provare finalmente a cambiare e ribaltare una situazione che attualmente è alla deriva. I giovani non devono avere l’obbligo di giocare. Devono avere un diritto, che si deve trasformare in un merito qualora lo dimostrino all’interno del rettangolo verde.
CAPITOLO GIOVANI
È fondamentale capire che il cambiamento non deve partire dall’alto ( i modelli a cascata rappresentano infatti un utile strumento per rilevare scelte in ambito finanziario di aumento o diminuzioni di dividendi, distribuzioni di utili, o nel mondo politico per interpretare e spiegare le azioni compiute), nel calcio il cambiamento deve cominciare dal basso, perché è li che crescono e germogliano i nuovi frutti del domani.
Azzeriamo, diamo il diritto di giocare a tutti, ma eliminiamo la regola dell’ obbligo degli Under. In determinate categorie si arriva per meriti, non per dare vantaggi economici ai club. Se quest’ultimi non hanno le corrette capacità finanziarie, devono inevitabilmente essere estromesse dalle competizioni.
CAPITOLO STRANIERI
Capitolo stranieri: non sono loro la colpa se gli italiani non giocano, magari è di coloro che li scelgono. Invece di mettere un limite all’acquisto degli stranieri tra comunitari ed extra, perché non pensare di inserire una clausola di un determinato valore come contratto economico al momento dell’acquisto di uno straniero? In questo modo la classe dirigenziale, prima di accettare qualsiasi calciatore proveniente dall’estero, dovrà dare un beneplacito tecnico oltre che economico. Così facendo si otterranno due benefici, portare solo stranieri di qualità che consentiranno di alzare concretamente il livello tecnico dei nostri campionati e quello qualitativo della classe dirigenziale che sarà chiamata a non sbagliare più le scelte. Il calcio può ancora cambiare, il calcio deve cambiare.
ENRICO MARIA AMORE
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