Centrocampista di qualità classe ’98, è nel settore giovanile bianconero da quando aveva 10 anni
La Juventus di Marcello Lippi si aggiudica il venticinquesimo scudetto della sua storia e si vede soffiare la Champions League dal Real Madrid che in finale ha la meglio grazie ad un gol in fuorigioco di Mijatovic. Alessandro Del Piero vive il suo primo anno da protagonista e stabilisce il record personale di 21 reti segnate in Serie A. Un altro protagonista della corazzata allenata da Lippi, Zinedine Zidane, alza la Coppa del Mondo nella sua Francia. E’ il 1998, un’annata ben impressa nella memoria di tutti i tifosi bianconeri. Nell’aprile di quello stesso anno nasce Gabriele Bove, uno che la Juve l’ha avuta nel sangue praticamente da sempre.
Nato a Torino, il piccolo Gabriele entra a far parte del settore giovanile bianconero nel 2008. A 10 anni inizia la sua trafila nelle giovanili che è proseguita ininterrottamente fino ad oggi. Non però senza difficoltà. Perché, abituato ad essere protagonista assoluto in qualsiasi categoria, ha capito intelligentemente e velocemente che in Primavera il posto da titolare bisogna conquistarselo sul campo, in allenamento e in partita. E così ha fatto, collezionando 18 presenze fra campionato (scudetto perso in finale ai rigori contro la Roma) e Coppa Italia (sconfitta nella doppia finale con l’Inter). Ma, in particolare, giocando e vincendo da protagonista il Torneo di Viareggio.
In questa nuova annata invece, grazie alle prestazioni offerte gara dopo gara nella scorsa stagione, la situazione è diversa. Oggi Bove è un elemento importante della Primavera bianconera e ha preso parte ad otto dei nove match disputati dalla sua squadra fino ad ora. Otto presenze condite da due reti: due settimane fa il gol di testa contro l’Avellino in campionato e, soprattutto, la parabola vincente su punizione nel primo appuntamento della UEFA Youth League con il Siviglia. Un calcio di punizione battuto alla Del Piero o, forse meglio, alla Pirlo.
In effetti, fatti i dovuti paragoni, se si guarda giocare questo classe ’98, è facile pensare proprio ad Andrea Pirlo. Anche Bove è un regista dai piedi buoni specializzato nei calci piazzati e anche lui è nato trequartista. Fin dalla passata stagione, però, si è dovuto adattare al ruolo di mezzala e, con risultati ancora migliori, a quello di playmaker davanti alla difesa. Un giocatore non di grande corsa e gamba, ma con una buona fisicità e struttura muscolare. Riesce a tirare fuori il meglio di sé tra le linee, non importa poi se da numero 4 o da numero 10. Insomma, è un centrocampista di qualità che possiede una buona visione di gioco e i giusti tempi di inserimento. E che vede molto bene la porta, come ha dimostrato negli Allievi Nazionali sia con i calci piazzati sia con i tiri da fuori area.
Ma la sua intelligenza non è solamente tattica. Gabriele è un ragazzo umile e molto serio, con la testa sulle spalle. Mantiene sempre un profilo basso e preferisce lavorare in campo piuttosto che postare fotografie sui social network. E, nonostante i fitti impegni calcistici fra tornei e trasferte, non ha mai tralasciato la scuola e oggi è completamente in linea con gli studi. Ne condivide il merito con la sua famiglia, che non gli ha mai fatto mancare il giusto supporto senza però sovraccaricarlo. Una famiglia che ogni weekend si divide fra i campi di calcio, visto che anche i suoi due fratelli minori giocano a calcio, ognuno in una società diversa (il maggiore dei due, di tre anni più piccolo di Gabriele, milita nelle giovanili della Pro Vercelli).
Il tecnico della Primavera Fabio Grosso lo tiene in grande considerazione e, specialmente in materia di calci piazzati, può insegnargli tanto. Se poi un altro allenatore, un certo Massimiliano Allegri, dovesse accorgersi di sentire troppo la mancanza di un metronomo di centrocampo, non avrebbe bisogno di richiamare Pirlo dagli States…
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